Prima gli emigranti tornavano a Vieste nei giorni delle feste patronali e particolarmente in quella della Madonna di Santa Maria di Merino, come oggi molti tornano durante l'estate. Purtroppo manca uno studio sulle feste viestane (di cui ne auspichiamo la ricerca). Le feste viestane infatti non coincidevano con quelle patronali che invece erano i momenti più forti, tanto è vero che anche gli altri santi "escono in processione" durante queste feste. San Giorgio e Santa Maria non sono santi locali: i loro nomi e la loro provenienza documentano la relazione di Vieste con l'Oriente, il mondo bizantino e greco-ortodosso. Michele Coppola ne ricorda la tradizione: "... a noi del mar Di Merin venne il simulacro santo Di nostra eccelsa Protettrice, a cui Vieste ogni anno rinnova - il nove maggio - Grandiosa festa!..." La statua di Santa Maria è molto interessante non soltanto dal punto di vista artistico ma anche storico e teologico *. La festa di Santa Maria ha un cerimoniale preciso, ancor più di quella di San Giorgio. E' preceduta dalla novena in Cattedrale che per l'occasione è "addobbata" (alcune di queste novene erano scritte da viestani, come quelle di don Pasquale Fioravanti); il giorno della festa (9 maggio) si celebra solennemente in cattedrale alla presenza del Vescovo di Manfredonia (ed allora amministratore perpetuo della diocesi di Vieste); poi si porta la statua con tutti i santi in processione per il paese. "Precedono le congreghe in divisa, stendardo in testa, seguite dal proprio santo. Seguono il corpo bandistico, le autorità civili e militari, il comitato promotore della festa. Esce poi la croce capitolare seguita dal clero. In mezzo, solenne, incede il vescovo, che nelle mani ha il reliquario contenente un frammento di velo e di veste della Madonna. Segue la sacra immagine portata a spalla dai confratelli della Madonna in divisa. La nicchia pesa molto e i fratelli hanno in mano una mazza a cui sostenersi. La mazza termina ad 'u' di ferro perché, quando i portatori si stancano, si riposino ponendo la mazza sotto l'asta su cui posa la nicchia" (M. Della Malva). Ai giardini pubblici, "alla pret d la Madonn", si cambia la "cassa". Tutti i santi salutano la Madonna e la statua viene portata a spalla a Merino dai pellegrini facendosi catena, cioè a gara e per devozione nel portare la statua, e percorrendo un itinerario ben preciso. Durante la processione in paese e durante il pellegrinaggio a Merino risuonavano i canti religiosi, dialettali "Labbiamo cantando" (muoviamo le labbra cantando), "o Maria Verginella", "P mer e p terr s m-ntuet tu, Maria di Merino..." ed altri dalle corifere "Ze Gatt" (Lucrezia Pagano), "Trasor" (Maria Mattea Vescera), "U re piccolo" (Pasquaruccia lannizzaro). A Merino, dopo la celebrazione della Messa, c'è la scampagnata a Santa Maria (identificazione del luogo, Merino, con la santa, come la collina del Calvario (del Carmine), chiamata s. Giorgio). È la festa che viene dal mare come la festeggiata, la bella Signora (= la Madonna) venuta dalla spiaggia/mare di Merino che nel giorno della Sua festa riconduce lì i suoi fedeli, quasi a cercare nell'origine della Sua venuta, un'altra patria, oltre quella paesana di tutti i giorni. La festa di Santa Maria - con i suoi riti e cerimonie - rappresenta quindi, per i viestani e per Vieste, la transfigurazione collettiva del quotidiano. Nel primo pomeriggio si ritorna e la sera la processione passa sotto le arcate illuminate di corso Lorenzo Fazzini e in piazza la Madonna "assiste" ai fuochi pirotecnici. Poi la Madonna "c veij a rtrà". Comincia così lo "strusc d Sanda Marij". Contemporaneamente una banda forestiera tiene "concerto" "in mezzo al Fosso" dove è allestito un palco. A mezzanotte ci sono i fuochi pirotecnici. La banda musicale di Vieste, con le altre bande forestiere, erano andate suonando per le vie del paese sia la mattina, prima e durante la processione, che il pomeriggio, prima che arrivasse la statua da Merino. Le feste patronali rappresentano per i bambini un giorno di intesa attività (tra le giostre, i giochi, i fuochi, la processione...) tanto che
* Un inedito studio del prof. Francesco Innangi apre nuove metodologie di ricerca storico-artistico-teologica studiando proprio la relazione tra un'icona bizantino-ravennante, una "simile" più antica statua in legno di proprietà familiare e l'attuale statua di s. Maria di Merino.